Lun, 07 Ago 23 Lectio Divina - Año A
Una brezza leggera capace di bloccare il vento impetuoso di ogni tempesta: in questo apparente paradosso si sviluppa la liturgia della Parola della XIX domenica del Tempo Ordinario, una liturgia che rivela Gesù come Figlio di Dio e Salvatore nostro.
Riaffermare una missione riaffermando una relazione
Come indica il versetto introduttivo al brano odierno del Vangelo, appena prima è avvenuta la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Anche se Matteo (come gli altri Sinottici e a differenza di Giovanni) non aggiunge nulla riguardo alla reazione della folla e dei discepoli, è immaginabile il loro entusiasmo di fronte a tale prodigio.
Gesù però non è venuto solo a fare miracoli, ma a salvare il mondo restando nella piena obbedienza a Dio; perciò deve ribadire il senso vero della sua missione tenendo viva la propria relazione con il Padre. Gesù dunque costringe i discepoli a passare all’altra riva e congeda la folla: vuole restare in disparte, solo con Dio. Quella che cerca Gesù non è una solitudine egoista che mira ad allontanare gli altri per avere Dio tutto per sé, ma un’esperienza di intimità, affinché una relazione tra un io ed un tu (tra Gesù e Dio) divenga rapporto tra un io ed un noi (fra l’umanità e Dio).
Come Elia sale sul monte Oreb per stare alla presenza del Signore (I lettura), così Gesù sale sul monte per incontrare il Padre. Nella calma della notte, senza frastuoni e rumori, c’è spazio per un sussurro di brezza leggera: sono le parole tra il Padre e il Figlio che si fanno dialogo e che sono per Gesù conferma alla propria missione: lui deve portare Dio al mondo non attraverso la via dei facili entusiasmi o dei gesti eclatanti, ma attraverso l’amore che, nell’umiltà e nel dono, porta vera salvezza. Quest’amore, che Gesù condivide con noi, ci rende figli che vivono nel respiro del Padre, in quella brezza che, discreta, ristora il cuore, anche nelle notti della sofferenza e della solitudine.
Una traversata per la vita
Passare all’altra riva non è solo uno spostamento da un luogo all’altro, ma anche, con un significato più esistenziale, mettere in cammino la propria vita e la propria fede, facendole entrare in un’esperienza nuova che dà loro un significato più pieno.
Ma il vento è contrario: non mancano ostacoli che remano in direzione opposta, per bloccare la traversata di ogni discepolo, lasciarlo in mezzo al guado di una vita e di una fede incompiute e farlo sentire solo, perduto.
Ed ecco venire Gesù, sul finire della notte, un tempo collocabile, in base al testo greco, tra le 3 e le 6 del mattino: anche quando la notte sembra interminabile e la prova infinita, arriva la luce di un nuovo giorno, la luce della speranza e della salvezza di Gesù.
I discepoli (e noi con loro), però, si fanno prendere dallo spavento perché, concentrati sulle loro paure, credono di essere soli, abbandonati, non riconoscono Gesù e credono di vedere un fantasma.
Allora Gesù li rincuora e si presenta:
Quando tutto appare perso, ogni traversata difficile, ogni fatica inutile, Gesù continua a manifestarsi a noi: una presenza non debole o banale, perché lui è Dio, ma fedele, che si avvicina ed abita il nostro cuore. Gesù è il nostro coraggio, con lui vinciamo ogni paura, riprendiamo il cammino verso una mèta sicura.
Se sei tu …
Pietro, come spesso noi, pensa il coraggio come una dimostrazione umana di forza, capace di tenere a bada la paura e non come una spinta che affronta ogni prova sapendo che il Signore gli è accanto. Pietro vuole andare verso Gesù armato solo del proprio coraggio e dei propri dubbi (se sei tu...), ma in realtà è povero, perché gli manca ancora la cosa più importante: non ha ancora nel cuore il Maestro e, dunque, il vero coraggio. Pietro sente il vento impetuoso, ma non ancora la brezza leggera del Signore, quel respiro che gli faccia prendere consapevolezza di essere figlio di Dio: ha paura ed inizia ad affondare. Ma quando Pietro invoca il Signore, questi prontamente gli tende la mano per aiutarlo e salvarlo, nonostante sia ancora un uomo di poca fede. Affrontare le tempeste da soli, vuol dire affondare: accettiamo le nostre povertà, i nostri limiti e riconosciamo la voce di Gesù, per essere da lui aiutati.
Davvero tu sei figlio di Dio
Quando Gesù sale sulla barca e il cuore umano è colmo della sua presenza e del suo coraggio, il vento cessa e cade ogni paura: ora Gesù è riconosciuto come Figlio di Dio, si ha la forza per arrivare all’altra riva.
E nella mano forte e sicura di Gesù, ogni discepolo, tutti noi, possiamo riconoscerci figli di Dio: il suo respiro d’amore, come brezza leggera, ci ristora, ci accompagna, ci sostiene nelle difficoltà per farci giungere all’altra riva e farci stare dalla parte della vita.