Dom, 10 Abr 22 Lectio Divina - Salmos
Il salmo tre può essere considerato una supplica con espressioni di fiducia riguardo al presente, basata su esperienze passate. Il titolo tradizionale attribuisce questo salmo a Davide, quando fuggiva davanti al figlio Assalonne (cf 2Sam 15,13s). Ma non siamo certi. Comunque tre sono gli attori o personaggi che compaiono sulla scena del salmo. È il solito schema triangolare del genere della supplica:
= I nemici (Essi) numerosi
= Dio (Tu)
= Io (l' orante)
Alle tre strofe succede un'invocazione finale (vv. 8-9), che è come l'inno di guerra che chiude la precedente rappresentazione drammatica. Un solo perseguitato, moltissimi avversari, un solo Dio, un'unica invocazione, una sola vittoria.
Ordinamento spaziale
La disposizione spaziale dei personaggi all'interno del salmo aiuta a sviscerare il suo senso. Si tratta di una visione militare: l'orante si vede assediato da una miriade accampata all'intorno contro di lui che insorge per assaltarlo. L’“io” è al centro, accerchiato dai nemici (v 7), ma protetto da Jahweh. La verticalità è proposta da molti verbi di moto: "sorgere", "sollevare", "monte", "coricarsi", "svegliarsi", che sono segno di vittoria e di vita.
Ordinamento militare
È descritto da una moltitudine di metafore: "avversari", "ribelli", "assedio", "scudo = difesa", "accampamento", "guance sfregiate e denti spezzati". Anche "l'addormentarsi e lo svegliarsi" suggerisce un arco importante della vita racchiuso tra i due estremi della veglia e del sonno, simboli dell'orizzonte intero dell'esistere. Il sonno non è il simbolo della morte, ma della calma e della tranquillità; mentre i nemici insorgono l'orante si corica perché sa che un altro "veglia". Secondo alcuni esegeti, questa fusione tra due sfere antitetiche (guerra e pace), confermerebbe l'ipotesi che vede nel protagonista del salmo il re ebraico, combattente e sicuro di sé perché fiducioso nel comandante supremo: Jahweh (cf Sal 18 e 20). Però spunta il mattino e il Signore deve sorgere per salvare l'orante, sconfiggendo il nemico.
Essi, i nemici: vv. 2-3
D'improvviso l'orante esprime la sua prima impressione: è solo e i nemici, che lo attorniano, lo vedono totalmente isolato, abbandonato anche da Dio, immerso nell'angoscia. Ma a questo punto il salmo ha una svolta.
Lui, Dio: vv. 4-5
Il versetto inizia con un “MA”. In questo fondamentale "ma" sta il centro del salmo. Il "tu" di Dio domina la scena e impone un mutamento di atmosfera. All'esercito degli avversari si oppone solo lo "scudo", cioè la difesa di Jahweh; all'orgoglio carico di ironia sprezzante dei nemici si oppone ora la "gloria", "la stessa essenza di Dio" che si rivela e si comunica all'uomo salvandolo ed esaltandolo. Dio "solleva" il capo del suo fedele. Quest'ultima immagine ha favorito la rilettura pasquale cristiana secondo lo schema dell'«esaltazione»: il Cristo umiliato nella sofferenza e nella morte, viene "innalzalo" nella gloria divina. Sale allora a Dio la preghiera del fedele, una preghiera ancorata, secondo lo stile della fiducia biblica, alla certezza dell'esaudimento (v 5). Il verbo usato è quello energico del "grido" appassionato e lacerante del perseguitato. E Dio risponde dal "suo monte santo", il colle di Sion, segno della presenza divina.
Io, l'orante: vv. 6-7
Dio si rende presente attraverso la notte. La notte si squarcia e Dio lancia la sua parola confortatrice. È un'ipotesi di tipo liturgico. Se invece immaginiamo la scena più normale e quotidiana, il v 6 alluderebbe al valore tipico che la notte e il sonno rivestono nella letteratura orientale. La notte è un grembo di morte (cf Gb 3, 4-10). Il giorno è segno di vita; ogni alba è un segno della creazione, la testimonianza della vittoria di Dio sul nulla. Mentre attorno all'orante si sviluppa la tempesta del male, Dio veglia e fa spuntare l'aurora della salvezza (cf Sal 4). I verbi di questi versetti sono al perfetto, chiamato "perfetto di coincidenza" perché vuole mettere in evidenza l'istantaneità di due azioni connesse, mostrandone l'intimo e immediato legame. Il v 7 è una dichiarazione di fiducia che rievoca in sintesi l'intero quadro simbolico del salmo e l'atteggiamento del credente.
Inno finale: vv. 8 - 9:
"Sorgi" rievoca il grido di guerra col quale gli israeliti si lanciavano all'attacco, accompagnati dall'arca presente in mezzo a loro.
La sofferenza e la lotta di Israele sono trasferite ora in quelle del giusto, e viceversa, perché, secondo quel modo di pensare, la preghiera non è mai una questione solo personale e privata. "Sorgere" e "salvare" sono paralleli, nel senso che al risuonare del grido di guerra da parte del fedele, i nemici fuggono atterriti, perché sta per scendere in campo Dio. Dio è il soggetto della salvezza e della benedizione. La salvezza appartiene a Dio solo, ma l'uomo deve benedire Dio
Trasposizione cristiana
"Se veramente Dio gli vuol bene, lo liberi ora" (Mt 27,43): è la sfida che viene lanciata a Gesù in croce dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. "Se il giusto è figlio di Dio, egli l'assisterà, e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti..." (Sap 2, 18-19). S. Agostino scrive: "È evidente che non l'avrebbero ucciso, se avessero avuto fiducia nella sua risurrezione. Questo significano le parole: "Discenda dalla croce, se è Figlio di Dio", "ha salvato gli altri, non può salvare se stesso". Secondo Origene, il Padre esalta il Figlio come dice Fil 2,9. S. Gregorio di Nissa commenta così: "Il salmo spiega la tentazione che minaccia da parte del nemico. Il nemico ti vede già consacrato per la fede e ti vede regnare col vero Cristo. Quindi cerca di farti cadere da una dignità tanto grande, ma venendo ad abitare in te. Perché il nemico ha il potere di turbarci".
Domande per la preghiera e la riflessione personale
Possiamo chiederci, dopo aver pregato questo salmo:
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