Sáb, 15 Oct 22 Lectio Divina - Año C
Le letture di questa domenica insistono in modo particolare su due aspetti intimamente connessi: il testo dell’Esodo si sofferma sull’efficacia della preghiera di intercessione in tempo di aperto conflitto; il vangelo secondo Luca sull’urgenza di perseverare giorno e notte nel domandare la pronta giustizia di Dio in tempo di persecuzione. Il tema della perseveranza viene suggerito e sottolineato anche nella seconda lettura, dove Paolo invita Timoteo a restare saldo nell’insegnamento ricevuto, nelle sacre Scritture, nell’annuncio della parola e nell’esortazione intrisa di sapienza e larghezza di mente.
I LETTURA
Il brano dell’Esodo che la liturgia ci propone oggi lo abbiamo ascoltato molte volte. È uno dei più noti. Questo non ci esonera dal fermarci ancora una volta per chiederci che cosa vuole dirci il Signore in questa domenica. Abbiamo già anticipato che il tema di fondo è la preghiera e qui in particolare la preghiera di intercessione. Capiamo subito l’importanza di quella che non è solamente una “pratica personale”, ma un’esigenza comunitaria. Mosè si fa intercessore, intermediario tra Dio e il suo popolo. È bello vedere come anche un uomo così grande abbia bisogno di altri che lo sostengono (qui Aronne e Cur). Senza questo aiuto reciproco il popolo sarebbe stato vinto dagli Amaleciti e Mosè non avrebbe assolto al suo ruolo. Pertanto questo testo ci dice che la nostra voce non può mai elevarsi a Dio dimenticandosi degli altri; e d’altro lato, gli altri sostengono la nostra preghiera, che sappiamo essere a volte faticosa e incostante.
Ricordiamoci anche un altro particolare: la Chiesa si fa voce per tutti gli uomini, non solo per le sue esigenze. La Chiesa si deve fare intercessione per il mondo. “Quando Dio ti attira alla preghiera, non prende in considerazione unicamente la tua salvezza, ma desidera servirsi delle tue preghiere anche per la salvezza degli altri. Perciò la preghiera è una delle opere più preziose e fondamentali agli occhi di Dio” (Matta el Meschin, Consigli per la preghiera). Ora, se la Chiesa non è un’entità astratta ma è il popolo di Dio, fatto di persone concrete, mi devo chiedere: la mia preghiera è solo per le mie intenzioni intime, per quello che mi sta a cuore, ruoto attorno al raggio dei miei familiari o conoscenti o invoco la misericordia di Dio anche e soprattutto per i più lontani e i più soli, per quelli che hanno più bisogno e che io non conosco per nome, ma il Signore sì? So “perdere” tempo in questa gratuità che ora non vede nessun contraccambio? Mosè si fa aiutare perché fa fatica a tenere le braccia alzate. Riconosco i “pesi” che non mi permettono di alzare le mie braccia, di dispormi in preghiera? Ciascuno ha i propri ostacoli (la mancanza di tempo, la poca fiducia che Dio ci ascolti, la paura di perdere solo tempo, perché non vedo i risultati…) ma è importante chiamarli per nome e farsi aiutare da Cur e Aronne!
VANGELO
Il sottotitolo che possiamo dare a questo vangelo è “la necessità di pregare sempre”. La parabola raccontata dal Signore si trova al capitolo 18 del Vangelo di Luca e sottolinea un tema caro all’autore: la preghiera. Questo brano comprende la parte detta “piccola apocalisse” (Lc 17,20-18,8), inclusa in due frasi di Gesù sulla fede: “La tua fede ti ha salvato” (17,20) e “Il Figlio dell’uomo quando verrà, troverà ancora fede sulla terra?” (18,8). È una riflessione sulla fine dei tempi, non tanto in senso cosmico, quanto personale. Parla del senso della mia vita e della presenza del Regno nel mio decidere per il Signore. Ciascuno è chiamato in causa: non solo all’ultimo giorno, ma già da ora, giorno dopo giorno, nella perseveranza, costruisce il suo futuro. Il brano di oggi ci parla dell’atteggiamento da adottare nella nostra quotidianità, mentre aspettiamo di raggiungere la Meta della nostra vita.
Addentrandoci un po’ nel testo rimaniamo colpiti dalla prima frase lapidaria di Gesù: “Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai”. Pare strano che il Signore sia così fermo e deciso. Pare proprio che il bisogno che esprime Cristo sia una questione vitale per l’uomo; vitale non nella vita secondo la carne, ma nella vita secondo lo Spirito. “La preghiera è la regola più importante nella vita spirituale, è il segreto di una crescita spirituale feconda ed è il coronamento di ogni sforzo nel cammino secondo Dio; il valore della preghiera consiste nell’acquisizione dello Spirito Santo, senza il quale l’uomo non vale nulla”. Lo sappiamo bene questo, perché Egli stesso è stato di esempio per noi. Ricordiamo quante volte, nel vangelo di Luca, il Signore si ritira a pregare e ci parla della preghiera (4,16-30.5,16. 9,28-36. 10,13-16. 21-24. 11,1-4.11, 5-13. 22,39-46. 23,34).
Forse una domanda previa è: ma che cosa intendiamo con “preghiera”? Spesso pensiamo alle cose che dobbiamo dire a Dio. Il Signore Gesù ci insegna che la preghiera è anzitutto una relazione da coltivare; più che un insieme di cose da dire, è stare, non fare. Il “pregare senza stancarsi” è un invito non certo a stare 24 ore in chiesa: Dio ci chiederebbe l’impossibile! Quanto piuttosto di vivere ogni nostra attività alla presenza di Dio, nello Spirito.
È interessante vedere che il protagonista che il Signore presenta non è un dotto dottore della legge, un esperto commentatore o teologo, ma una povera vedova. Sappiamo bene quanto le donne, per di più vedove, non contassero nulla nella società del tempo. Pertanto se il giudice, per di più disonesto, ascolta lei, vuol dire che tutti abbiamo la possibilità, lo spazio per essere ascoltati!
Questa donna ha bisogno di giustizia, di una terza persona super partes che metta a posto quello che gli uomini da soli non riescono a fare. Lei, riconoscendo la sua debolezza e impotenza, mette la sua battaglia davanti al giudice e lo fa con piena fiducia di essere esaudita, altrimenti al primo rifiuto avrebbe desistito, o sarebbe andata a risolvere il problema altrove. Ma lei no! Persevera. Insiste. Già qui ci possiamo chiedere: qual è il volto di Dio che ho nel cuore? Di Colui che mi manda il male che vivo, che mi punisce per gli errori commessi? O so che è un Padre che mi ascolta e che fa di tutto per aggiustare quello che va storto per colpa mia o degli altri? Quando stiamo in preghiera dobbiamo liberarci dai dubbi, dalle paure, ed essere certi che le nostre parole vengono ascoltate. Dobbiamo anche avere la certezza che Dio non è incostante come gli uomini: il Suo amore è stabile, la Sua promessa fedele.
Un altro aspetto che cattura l’attenzione è che noi non sappiamo per che cosa chiede giustizia la vedova. Il testo non ci dice se le cose per le quali implora con tanta insistenza sono buone o no. Sentiamo solo che è per “fare giustizia contro il suo avversario”. Magari era per problemi di vicinato o di eredità, o erano pretese assurde. Non lo sappiamo. Questo però ci dice una cosa ancora più grande: anche se ci accostiamo a Dio per questioni “egoistiche” o non limpide o che forse possono nuocere agli altri oltre che a noi stessi, Lui non disdegna di ascoltarci, anzi! È Lui stesso che purifica le nostre intenzioni e le guida alla Sua Giustizia, che è decisamente e sicuramente più equa e corretta rispetto alla nostra. È ben più grande, perché è puro Amore per ogni creatura, per l’accusatore e per l’accusato. Lui è l’unico vero “super partes”.
Ecco allora che capiamo un altro motivo della “preghiera senza stancarsi”. Essa diventa il luogo della purificazione del nostro cuore: più stiamo in contatto con Dio più il nostro cuore si fa simile al Suo e impariamo ad assumere i Suoi stessi atteggiamenti e sentimenti di compassione e misericordia. Non è quindi l’occasione per chiedere a Dio ciò che concerne la carne, ciò che ottiene il benessere e facilita il lavoro o le iniziative temporali, ma è l’occasione per accedere al Regno. “È necessario chiedere a Dio che purifichi le nostre attività dallo spirito di egoismo e amor proprio, che ispiri la rettitudine del mente e del cuore, affinché nel nostro operare non usiamo malizia, doppiezza, disonestà, inganno, menzogna. Dobbiamo chiedere a Dio di farci stimare i valori spirituali al di sopra di ogni nostra attività e iniziativa, per tessere l’elogio della rettitudine e dell’integrità, donare con generosità e preoccuparci di conservare la pazienza e la carità più di qualsiasi interesse materiale” (Matta el Meschin, Consigli per la preghiera).
La fede è la perseveranza in ciò che si spera, è la manifestazione del desiderio che abbiamo di Dio. Se ci teniamo veramente, non desistiamo. La perseveranza è attendere il Regno nella vigilanza. Il frutto grande della preghiera non è tanto l’essere esauditi, come Aladino con la lampada magica, quanto quello di tenerci, mantenerci in costante relazione con Dio, mettendo al centro non il nostro IO, bensì DIO (cf Il Magnificat, Lc 1, 39-56). Il fine della preghiera continua non è quello di manipolare Dio secondo le nostre esigenze ed insistere fino a sfinirlo, ma è il luogo in cui il nostro cuore viene convertito, nella luce nuova, alla volontà di Dio. Quello che Lui vuole donarci non sono cose o doni, ma la Sua stessa vita, il Suo Santo Spirito!