Sáb, 28 May 22 Lectio Divina - Año C
Il Vangelo secondo Luca inizia con il racconto di una benedizione mancata (cfr. Lc 1, 5-22); e termina con l’immagine di Gesù che conduce i suoi discepoli verso Betania; e “alzate le mani, li benedisse” (Lc 24, 50). La prima scena dell’inizio del Vangelo è questa: nel tempio di Gerusalemme ci sono i cortili pieni della folla che aspetta la benedizione di Dio; il sacerdote Zaccaria è entrato nel santuario per fare l’offerta, e dovrebbe uscire per benedire il popolo. Ma nel santuario ha un’esperienza straordinaria della presenza di Dio e quando esce è muto. Quindi non riesce a benedire la folla. La conclusione è invece quella che abbiamo ascoltato: Gesù benedice i discepoli prima di lasciarli per quella che noi chiamiamo la sua “Ascensione”. La benedizione arriva adesso, perché solo ora la vita di Gesù ha raggiunto il suo compimento – la sua pienezza – attraverso il dono di sé, l’offerta della croce e del calvario.
Quando sulla croce Gesù ha trasformato la sua vita in dono, in obbedienza a Dio, ha fatto dono di sé stesso, lì Gesù è diventato perfetto e completo e diventa sorgente di benedizione per noi.
v.46: L’Ascensione rappresenta il passaggio di Gesù da questo mondo a Dio. L’umanità di Gesù, Gesù uomo, che appartiene alla nostra storia, al nostro mondo, quell’uomo concreto con la sua umanità, è entrato nella bellezza e nello splendore della vita di Dio. E c’è entrato perché la sua vita è stata coerenza di amore e di dono; perché non si è preoccupato di difendere se stesso, ma si è preoccupato di donare se stesso agli altri.
Per questo il traguardo, il culmine della sua vita è l’ingresso nel mistero di Dio: ciò che noi chiamiamo Ascensione. Ma se Gesù è salito a Dio, certamente non ci ha per questo abbandonato. Quella benedizione che Gesù dà ai suoi discepoli è il segno di una corrente di vita che da lui risuscitato arriva a tutti e che permette agli uomini di continuare la sua opera.
Se la vita di Gesù è stata un dono di amore agli altri, noi siamo chiamati a fare della nostra vita un dono di amore agli altri. E quel Gesù che è salito alla destra di Dio è semplicemente lì per trasmettere a noi la ricchezza di vita e di amore che possiede, perché questo amore si dilati nella storia e nel mondo e possa raggiungere ogni uomo, ogni bisognoso.
Il vangelo di Luca, diversamente dagli Atti, concentra in un unico giorno, il primo dopo il sabato, i fatti pasquali, a indicare che l’esaltazione è inseparabile dalla risurrezione. Al mattino pone l’incontro al sepolcro delle donne con i due uomini in vesti sfolgoranti, poi identificati come angeli; quindi la visita di Pietro; durante il giorno avviene l’apparizione ai discepoli di Emmaus e alla sera l’apparizione agli Undici e agli altri riuniti.
Il racconto dell’Ascensione non ha indicazione di tempo ed inizia con il riferimento di Gesù alla passione e risurrezione, alla predicazione universale e alla testimonianza con la forza dello Spirito. Tutto è desunto dalla Scrittura; Gesù, infatti, sta aprendo la mente dei discepoli alla sua comprensione.
C’è uno stretto legame tra Ascensione e Risurrezione. Con l’Ascensione si vuole sottolineare il compimento del percorso che Gesù ha compiuto, di discesa (incarnazione, passione e morte) e di ascesa (risurrezione e ascensione al cielo), movimento che ha lo scopo di recuperare tutto il mondo alla comunione con Dio. Nella Scrittura l’Ascensione viene anche interpretata in senso sacerdotale (seconda lettura): Gesù sale al cielo come sommo sacerdote. In Ebrei 8,24ss è scritto che una sola volta all’anno, nel giorno dell’espiazione, il sommo sacerdote poteva entrare nel luogo del tempio detto “santo dei santi” con un capro espiatorio. Il sangue, l’offerta della vita, era lo strumento della comunione tra Dio e il popolo. Attraverso questi riti si compiva la espiazione del peccato, che era sempre in funzione della comunione con Dio. L’Ascensione è l’ingresso del Sommo Sacerdote (Gesù) nel santuario celeste per offrire a Dio il sacrificio perfetto con il suo sangue. È offerta unica, che vale per sempre, perché è perenne. Gesù è in atteggiamento sacerdotale davanti al Padre per salvare gli uomini. L’offerta di Gesù è perenne e il suo sangue è offerto in modo permanente.
v.47: Vengono messe insieme due realtà, la conversione e il perdono dei peccati. A tutte le genti viene annunciata la conversione a cui fa seguito il perdono dei peccati. È importante non disgiungere mai la conversione e il perdono.
Quello che stupisce però è questo: innanzitutto l’essenzialità della predicazione che deve vertere su questo invito alla conversione e al perdono dei peccati. Ma accostando la conversione e il perdono dei peccati, vengono indicate queste due realtà come dono. Sia la conversione che il perdono non dipendono dalle capacità delle genti (e qui sta l’universalità, dal momento che per “genti” s’intende la non esclusione di nessuno da questo annuncio), ma sono frutto, ancora una volta, della Pasqua, del dono dello Spirito.
Si sottolinea la centralità di Gerusalemme. Non può che cominciare da Gerusalemme la predicazione a tutte le genti, la conversione e il perdono dei peccati. Ogni tentativo di abbandonare Gerusalemme finisce miseramente. Pensiamo ad esempio alla parabola del Samaritano. Incappare nei briganti è la causa del cammino inverso di quello che ha fatto il Signore. Quindi si sta lì. Non possiamo andare in altri posti; la nostra permanenza a Gerusalemme, cioè nei luoghi della Pasqua, è garanzia per non fallire. È da lì che si comincia ed è lì che bisogna ritornare.
v.48: Il Signore Gesù, allorché sta per ascendere in cielo, investe i suoi apostoli di questa funzione importantissima: proclamare il suo vangelo a tutti i popoli, per invitarli alla conversione e alla fede.
Perciò i credenti debbono rendere testimonianza al Cristo risorto non solo con la vita ,ma anche con la parola, con l’annuncio del vangelo. La missione evangelizzatrice del mondo intero costituisce uno dei compiti fondamentali della chiesa.
v.49: Tradotto anche: “E io mando su di voi la Promessa del Padre mio; ma voi rimanete nella città, finché non siate rivestiti dalla Forza dall’alto”. La “Promessa del Padre” e la “Forza dall’alto” indicano la persona dello Spirito. In verità la testimonianza coraggiosa al Signore risorto con la parola e soprattutto con la vita sarà resa possibile dalla persona divina dello Spirito, che è la potenza del Padre. Gli Atti degli apostoli documentano concretamente questa azione potente dello Spirito di Dio nella chiesa nascente.
v.51: La prima azione di Gesù al momento di essere innalzato è la benedizione; in lui i discepoli ricevono la benedizione stessa di Dio. È l’atto di commiato che richiama le benedizioni patriarcali sulla famiglia o sul popolo, dopo aver detto le ultime parole. Benedicendo i discepoli, Gesù benedice e feconda Israele e in essi tutti i popoli.
Dopo che Gesù ha benedetto i suoi, Luca descrive l’Ascensione come “distacco” e “innalzamento” verso il cielo, verso il Padre. Alla benedizione di Gesù corrisponde la benedizione riconoscente della chiesa (il verbo “lodare”, eulogheo è lo stesso della benedizione con cui iniziano molte preghiere ebraiche e cristiane: “Benedetto sei tu…”).