Dom, 03 Ene 21 Lectio Divina - Año B
A Natale è Dio che cerca l'uomo; all'Epifania è l'uomo che cerca Dio. L'Epifania è la festa dei cercatori di Dio, il Natale dei lontani. Insieme ai Magi cammina l'uomo di sempre che, come loro, ha gli occhi nel cielo. I Magi, questi misteriosi lettori di stelle, sono il simbolo dell'immensa famiglia umana che per vivere ha bisogno di guardare in alto, ha bisogno di un'esistenza non statica ma estatica: estasi è uscire da sé verso il grande giro delle stelle, dal cortile di casa verso la patria grande del mondo.
I Magi sono anche «i santi più nostri», «gente dal cuore mai sazio» (D.M.Turoldo) che mostrano nella loro vicenda l'evidenza di quella frase di Agostino: «Inquieto è il nostro cuore finché non riposa in Dio».
Sono «i santi più nostri» perché il loro cammino è pieno di incertezze e di errori: giungono nella città sbagliata, perdono di vista la stella, parlano del bambino con l'uccisore di bambini, cercano un re e trovano un Dio. Ma il loro cammino è pieno dell'infinita pazienza di ripartire, di ricominciare, a conforto di tutte le nostre ripartenze.
Il brano liturgico di questa Solennità forma l’inizio del capitolo 2 di Matteo (2,1-29) al quale seguono altri tre quadri narrativi: la fuga in Egitto (2,13-15); la strage degli innocenti (2,16-18) e il ritorno dall’Egitto (2,19-23).
Da notare che nel cuore della storia dei Magi troviamo una citazione biblica che focalizza l’importanza di Betlemme in questo periodo dell’infanzia di Gesù: «E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città di Giuda: da te, infatti, uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele» (Mt 2,6). Le due città costituiscono lo sfondo di questa vicenda dei Magi e sono accomunate da due fili tematici: la stella (vv. 2.7.9.10) e l’adorazione del bambino (vv. 2.11).
vv.1-2: “Nato Gesù a Betlemme di Giudea”.
I capitoli 1-2 di Matteo raccolgono l'infanzia di Gesù. Il secondo capitolo si apre con l'adorazione dei Magi a Betlemme, luogo di nascita di Davide e luogo di origine del futuro re messia. A conferma di ciò Matteo cita Michea 5,1-3.
“Alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme”. Il termine greco magoi (magi da cui il termine italiano) ha una vasta gamma di significati: sacerdoti persiani, detentori di poteri soprannaturali, astrologi. La menzione della “stella” mostra che essi sono esperti in astrologia.
L’arrivo dei Magi è il segno che Gesù compie le promesse antiche, ma il compimento è accompagnato dal giudizio su Israele: i lontani accolgono il Messia e i vicini lo rifiutano. Tutto il Vangelo di Matteo è segnato da questa sorpresa: basti pensare alla parabola dei vignaioli omicidi (21,33ss.) o alla parabola della grande cena (22,1-14): ambedue mostrano che il regno passa da Israele ai pagani, e che questo passaggio rientra nel disegno di Dio.
“Dov’è il re dei Giudei che è nato?” La prima parola di Dio rivolta ad Adamo è: “Dove sei?” (Gen 3,9) perché anche l’uomo chiedesse a sua volta a Dio: dove sei? e i due si potessero incontrare. Anche da parte dei Magi c’è semplicemente, nascosto nella loro domanda, l’invito che ci viene rivolto, di chiederci: chi è questo bambino?
“Abbiamo visto spuntare la sua stella”. Questi magi sono astrologi, sono studiosi che hanno visto in una stella un segno. La stella nell’antico Oriente era il segno di un dio e, di conseguenza, di un re divinizzato. Matteo ci riferisce questo fatto, perché esiste una profezia messianica esplicita nel libro dei Numeri (24,17), che parla di una stella.
“Siamo venuti ad adorarlo”. Per tre volte nel racconto dei Magi risulta il verbo greco dell'adorazione, che di sua natura indica il curvarsi dell'uomo nella venerazione della grandezza divina (Mt 2,2.8.11). Questo gesto sembra anticipare quanto l'evangelista dirà in seguito: “Molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa...” (8,11). Purtroppo l'umanità spesso “ha venerato e adorato la creatura al posto del Creatore” (Rm 1,25). “Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori” (1Pt 3,15). Tuttavia l'adorazione non è solo un atto di timore, è anche espressione di adesione gioiosa, di libertà, di intimità.
I Magi che vengono dall'Oriente per incontrare il re dei Giudei si volgono spontaneamente verso Gerusalemme (vv.2-7), ritenuta la sede più importante. Ma il loro itinerario si modifica e si dirigono verso Betlemme (vv.8-12) la città di Davide che è la “più piccola delle città di Giuda”. (cfr. 1Sam 16). Il cambiamento di itinerario è motivato dalla profezia (cfr. Mi 5,1.3) che annuncia la visita di Dio in mezzo al suo popolo per fargli dono di una guida, di un pastore.
v.3: “Il re Erode restò turbato”
Dunque Gesù è re. Matteo ha però cura di collocare questo titolo in un contesto di opposizione. Accanto al re Messia c’è il re Erode. E il secondo ha paura del primo. In che senso Gesù può dirsi re? Un cenno alla regalità era già presente nella genealogia: Davide è il re, e Gesù discende da lui. Però fra Davide e Gesù c’è l’esilio, la fine del regno di Davide, la perdita di ogni prestigio politico: Gesù è re, ma senza corona.
Erode con il suo orgoglio non entra in questa dimensione della regalità di Gesù. Si crede l'unico re assoluto, altri non sono che usurpatori. La realtà e la verità è difficile da accettare, da accogliere, da sentire e da vivere.
vv.4-6: “Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo”.
C'è un informarsi che significa ricerca. Ma attenzione: la ricerca di Erode è negativa, non coglie la presenza della Luce. Erode abitava a otto chilometri di distanza da Betlemme, quindi vicino; poteva facilmente trovare il bambino. Non lo ha trovato. I Magi sono lontani dal punto di vista fisico, spirituale e morale; eppure camminano; la luce è sufficiente per dare a loro un itinerario di salvezza.
Per tanti aspetti noi siamo i vicini, però questo non ci garantisce. Bisogna che vicini come siamo riusciamo a cogliere questa luce, a lasciarci illuminare. E se siamo lontani per un motivo o per l’altro, però possiamo ricordare che il Natale è per noi, che la manifestazione del Signore è per noi. Non siamo così lontani da non intravedere la luce. La luce di Dio è andata a scomodare i Magi, là dov’erano. Così nessuno è così lontano da non potere intravedere questa luce. È a tutti che viene data la possibilità di trasformare il proprio camminare senza meta in un itinerario che ha come meta l’amore di Dio, il luogo dove l’amore di Dio si è manifestato.
“A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta...”. Erode sa, attraverso il profeta Michea, che il Messia deve nascere a Betlemme (Mi 5,1), ma non lo va a cercare. Si sperimenta quello che è uno dei drammi della storia dell’uomo e in fondo della storia della elezione di Dio. Il Signore chiama; quando il Signore chiama, ama con un amore di predilezione. Però chi è amato, e chi è scelto, deve stare attento a non trasformare la vocazione e la elezione in privilegio, come se la elezione di Dio lo collocasse al di sopra degli altri.
vv.7-8: “Allora Erode, chiamati segretamente i Magi... Andate e informatevi accuratamente sul bambino...”.
Il re dei giudei, infatti, era lui; egli riteneva di essere il punto di riferimento e di unità del suo popolo. Ora questa “stella”, apparsa improvvisamente nel cielo, viene a sconvolgere le sue prospettive, viene a competere con la sua autorità, la sua ricchezza, il suo prestigio.
vv.9-11: “Essi partirono. Ed ecco, la stella...”.
Ricompare la stella (notiamo che questa riappare dopo che “si allontanano” da Erode e da Gerusalemme), che si muove insieme ai Magi e li conduce fino al luogo preciso della presenza del Signore Gesù. Quando Dio entra nella vita degli uomini lo fa sempre utilizzando un “linguaggio” che il destinatario può comprendere, rivelando così la sua condiscendenza: non dobbiamo, dunque, cercare i segni della presenza del Signore al di fuori della nostra storia, ma leggere il nostro quotidiano alla luce della Parola di Dio per scoprire le “stelle” e le “mangiatoie” in cui il Signore si fa trovare.
“Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima ...”. Provare gioia ... la presenza del Signore che ci riempie il cuore fino a farlo trasalire di gioia. La sua vista li riempie di una gioia profonda, quella che solo Dio può dare all'uomo, ai popoli; quella che ci rende capaci di uscire da noi stessi, superando ostacoli e contraddizioni, per comunicare ad altri ciò che è avvenuto nel nostro incontro con la Luce.
“Videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono”. I magi vedono “il bambino in braccio alla madre” e adorano, verbo che nella sua etimologia significa portare la mano alla bocca, tacere e contemplare. Adorano il bambino, non un Re, non un Crocifisso perdonante, non un Risorto. Semplicemente un bambino. E si prostrano, si fanno piccoli davanti all'infinitamente piccolo. I cercatori trovano un bambino avvolto da un abbraccio. La madre è l'abbraccio che fa vivere. Ancora adesso Dio vive per il nostro amore, sta a noi aiutarlo a incarnarsi in queste case, in questi incontri. Valorizzando il feriale, il carnale, l'umiltà di Dio, la compenetrazione tra cielo e terra, uomo e Dio abbracciati, che insieme operano nella concretezza: «In mezzo a voi c'è uno che voi non conoscete» (Gv 1,26)
“Aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra”. I magi offrono doni significativi, che ci permettono di cogliere il mistero in tutta la sua profondità: oro, incenso e mirra. Di per sé quelle offerte sono il simbolo del riconoscimento di Gesù come messia, a cui si presenta un tributo di venerazione, come suggerisce la Bibbia: Sal 72, 10-11; Gen 49,10; Num 24,17; Mi 5,1-3; Is 49,23; 60,1-6.
Quando hai incontrato una persona, quando qualcuno ti risulta gradito, caro, amato e amante, prima o poi senti il bisogno di entrare nella dimensione del dono, nell'amore che si dona, non in quello che si prende.
L'oro della nostra obbedienza, l'incenso della nostra adorazione, la mirra delle angosce e delle delusioni; il prezioso, il sublime, il nobile, il divino, il tragico: in quel bambino c'è tutto questo.
v.12: “Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”
Avendo contemplato e adorato il Signore, i Magi ricevono da Dio stesso la rivelazione; è Lui stesso che parla a loro. Sono uomini nuovi; hanno in sé un nuovo cielo e una nuova terra. Sono liberi dagli inganni dell'Erode, del mondo, e perciò ritornano alla vita per una via tutta nuova, che il discernimento aveva loro indicato (cfr. 1Re 13,9-10). Una volta incontrato Cristo, non si può più tornare indietro per la stessa strada. Cambiando la vita, cambia la via. L'incontro con Cristo deve determinare una svolta, un cambiamento di abitudini. Chi ha incontrato il Signore scopre che la sua vita prende un'altra direzione, che il ritorno a casa, al centro di sé, al senso della vita, avviene per una strada nuova. I Magi scompaiono nei gorghi dell'oriente ma non si smarriscono, perché portano una stella in fondo al cuore.
L'Epifania che oggi celebriamo è aprire la nostra vita all'incontro con Cristo ed aprire tutti gli spazi possibili perché egli prenda possesso del nostro cuore e della nostra mente, per assaporare la gioia di appartenergli e di vivere per Lui, con Lui ed in Lui.