Sab, 17 Dic 22 Formazione liturgica
Seguendo il suggerimento dell n.13 della Sacrosanctum Concilium, secondo il quale i pii esercizi devono essere modellati sulla liturgia, sarebbe opportuno che la Novena di Natale fosse impostata come “settimana” con inizio il 17 dicembre, prevedendo una celebrazione vigiliare il 24, in preparazione alla Messa di mezzanotte.
I giorni che vanno dal 17 al 23 dicembre hanno infatti un carattere particolare; vengono proposti testi liturgici propri invariabili e in un certo senso questi giorni sono “separati”, strappati alla logica dello scorrere cronologico del tempo (kronos) per introdurre i fedeli nella dimensione “favorevole” del tempo (kairos) salvifico dell’Incarnazione del Verbo.
È bene che la “settimana di Natale" venga realizzata come celebrazione autonoma con il popolo.
La tradizione infatti ci consegna una struttura celebrativa fortemente caratterizzata, i cui migliori elementi devono essere conservati e valorizzati. La melodia stessa contribuisce a instaurare nell’assemblea una tipica atmosfera che si può qualificare “spiritualità natalizia”.
Il “settenario” è molto antico, anche se l’origine non è esattamente chiara. Amalario di Metz (775-850), monaco teologo e liturgista del IX secolo, già le conosceva e le attribuiva a un anonimo cantore vissuto nell’VIII sec. o in un periodo precedente (fino a farle risalire al II secolo). Compaiono in antifonari romani e in molti libri liturgici del medioevo. Sicuramente erano già utilizzate al tempo di papa Gregorio Magno, attorno al 600, essendo citate nel Liber responsalis sive antiphonarius come antifone al testo evangelico del Magnificat nei sette giorni che precedono la celebrazione del Natale.
Le antifone, in latino, si ispirano a testi dell'Antico Testamento che annunciano il Messia e sono dette comunemente “antifone O” dell'Avvento, perché cominciano tutte con l’esclamazione “O” che indica la meraviglia e lo stupore commosso della Chiesa nella sua secolare, instancabile contemplazione del Mistero. Tutte si rivolgono a Gesù Cristo; invocazioni messianiche a Colui che è promesso nell’Antico Testamento, perché venga a salvare il suo popolo.
Ognuna delle antifone O si concentra su un diverso e particolare titolo messianico e nel loro insieme si può dire che costituiscono un vero e proprio compendio di Cristologia, dal momento che presentano un’immagine dell’identità di Cristo, frutto della teologia e della grande ricerca cristologica dei padri della Chiesa dei primi secoli. Sono un bellissimo esempio della verità del principio “lex orandi, lex credendi”: la Chiesa celebra ciò che crede.
Una singolarità dell’insieme delle antifone O è quella dell’acrostico, per cui la lettura della prima lettera dell’invocazione che segue la “O” iniziale consente di trovare una frase di senso compiuto; nel nostro caso l’acrostico si presenta “a rovescio”, cioè si legge a cominciare dalla lettera iniziale dell’ultima antifona.
Ecco, in latino e in italiano, la sequenza di queste parole:
Sapientia (Sapienza)
Adonai (Signore)
Radix (Germoglio)
Clavis (Chiave)
Oriens (Astro)
Rex (Re)
Emmanuel (Emmanuele)
Leggendo dal basso risulta l’espressione latina: “ERO CRAS”, che si traduce: “Domani verrò”: risposta del Messia all’accorata invocazione di ciascuna antifona.
La prima osservazione importante da fare è che mentre cresce l’invocazione della venuta del Signore, prende forma la certezza della risposta di Lui: “Verrò!”. Egli già sta rispondendo con la promessa che chiude la Scrittura: “Sì, vengo presto” (Apocalisse 22,20).
Non è certo se la composizione dell’acrostico fosse nell’intenzione dell’autore, tuttavia questo procedimento porta a due conclusioni importanti:
- L’ordine originario delle antifone era probabilmente lo stesso dell’attuale breviario romano;
- Il numero originario delle antifone era di sette.
Quando e come celebrarle
Il momento scelto per far ascoltare questa sublime invocazione al Figlio di Dio normalmente era l'ora dei Vespri, perché è alla sera del mondo, vergente mundi vespere, che è venuto il Messia; si cantavano al Magnificat per denotare che il Salvatore atteso viene da Maria. Tuttavia diverse chiese iniziarono ad usare queste antifone anche al Benedictus, nelle Lodi; pratica comprensibile per il legame fra i riferimenti biblici delle antifone e il Cantico di Zaccaria. Nei monasteri e nelle cattedrali le antifone O erano celebrate con grande solennità; venivano intonate dal superiore della comunità e accompagnate per tutta la durata del canto dal suono della campana principale del monastero o della cattedrale.
Nella liturgia rinnovata dopo il Concilio Vaticano II le antifone O si leggono (o si cantano) come “versetto al Vangelo” nella Celebrazione Eucaristica e nei Vespri prima e dopo il Cantico di Maria (Magnificat).
Struttura delle Antifone O
Le antifone O hanno una struttura molto simile a quella dell’Orazione Colletta, in cui di solito si possono individuare tre elementi:
- una prima invocazione rivolta a Dio;
- la menzione di qualcuna delle Sue caratteristiche e del suo modo di agire in favore degli uomini;
- la richiesta che Dio rinnovi ora la sua azione e ne faccia godere il frutto.
Allo stesso modo, in ogni antifona O:
- l’apertura è un’invocazione rivolta al Messia attraverso un titolo dell’Antico Testamento;
- tale titolo viene ampliato e specificato facendo ulteriore riferimento a qualche attributo del Messia o a qualche evento cruciale della storia della salvezza;
- il culmine si raggiunge con l’invocazione “Vieni!”, ulteriormente specificata descrivendo il motivo per il quale si invoca la Sua venuta (vieni… “a salvarci, a insegnarci, a liberarci…”).
Altra caratteristica di ogni antifona è quella di avere sempre un riferimento al passato, al presente e al futuro.
L’ottavo giorno: il Natale e la Pasqua
Occorre notare come le antifone O siano organizzate in modo tale che la vigilia di Natale cada nell’ottavo giorno, il primo giorno della nuova creazione. Le antifone sono molto probabilmente sette proprio per questo motivo. A questo punto notiamo che esiste un parallelo fra i giorni delle antifone O precedenti al Natale e la Settimana Santa: si tratta in entrambi i casi di celebrazioni che si sviluppano su sette giorni, hanno testi liturgici propri e presentano un cammino progressivo che cresce fino al momento della celebrazione della Solennità. Inoltre la celebrazione fa memoria di eventi passati che illuminano il presente e proiettano chi celebra verso eventi futuri.
Sia la celebrazione del Natale che della Pasqua segnano in un certo senso l’inizio della nuova creazione. Le settimane che precedono la loro celebrazione sono un tempo particolare in cui risvegliare e vivere un’attesa e una consapevolezza nuova, mentre si vive il tempo presente come momento di passaggio verso il definitivo compimento.