Ven, 23 Dic 22 Formazione liturgica
Aspettando Godot è un’opera teatrale di Samuel Beckett nonché uno dei testi più noti del teatro del Novecento. Si tratta di una tragicommedia costruita intorno alla condizione dell’attesa; un’attesa vuota di qualcuno che alla fine non arriva. Molti critici vi hanno visto l’attesa di Dio, altri semplicemente un simbolo della condizione umana che viaggia nell’ignoto.
Noi cristiani per un misterioso dono che ci nasce dentro crediamo con il fiato sospeso che l’umanità creata ASPETTA DIO e non altri… Aspettiamo Dio fatto Carne! Già è avvenuto come evento storico, ma sempre nuovo è il suo venire per chi, anno dopo anno, gli fa spazio: con una fessura o con la porta spalancata.
L’ipotesi che la festa liturgica del Natale sia sorta per sostituire la festa pagana, nel tempo sembra si sia ridimensionata a favore di un'origine autonoma, avvenuta all’interno delle comunità cristiane, che festeggiavano la Natività congiuntamente all'Epifania, parola greca che significa: manifestazione, comparsa, nascita e commemora la visita dei Magi (dignitari e ministri di altre nazioni) che portarono doni a Gesù riconoscendo la sua Maestà. Come dice Papa Ratzinger, “lo sguardo dei Magi arrivava lontano: erano persone che andavano alla ricerca di Dio e quindi di se stessi…”
Si potrebbero riempire pagine su pagine di letteratura e non solo; purtroppo c’è chi sta facendo di tutto per rubarci il Natale e tutta la sua profonda simbologia, che traspare come un arcobaleno stabile nel cielo. Non lasciamoci espropriare del Natale! Significherebbe dire che la Vita vera è venuta nel mondo e noi non l’abbiamo accolta; la Luce ci ha illuminati e noi abbiamo chiuso gli occhi per non vedere... In nome di una pseudo libertà e rispetto togliamo dalle scuole e dagli uffici il Crocifisso e i presepi!
Riportiamo a riguardo alcune incisive riflessioni di Enzo Bianchi (monaco di Bose):
Verrebbe da chiedersi se queste tensioni e contraddizioni non possano essere colte come opportunità per un serio ripensamento della propria fede - o non fede - e del suo modo di esprimersi anche pubblicamente in una società ormai multiculturale. Il fatto che determinate tradizioni natalizie non siano più accolte come scontate da tutti potrebbe essere un’ottima occasione per una purificazione del modo che i cristiani hanno di vivere la propria fede e di testimoniarla nella compagnia degli uomini.
Siamo così sicuri che gli aspetti ritenuti più ovvi e caratteristici delle festività natalizie abbiano davvero a che fare con la fede in Gesù, nato da Maria, venuto nel mondo per narrare a tutti il volto misericordioso di Dio? Pensiamo realmente che la presenza di giovanotti bardati da vecchi bonaccioni nei centri commerciali rimandi al mistero della notte di Betlemme? O che dei buffi pupazzi che si arrampicano sui nostri balconi o si calano dai camini in concorrenza con streghe a cavallo di una scopa rievochino l’annuncio di «una grande gioia per tutto il popolo» o «la pace in terra per gli uomini di buona volontà»?
E che coerenza mostra chi difende accanitamente la recita scolastica con melodiosi canti natalizi facendone un evento irrinunciabile per il proprio figlio e poi non si pone nemmeno il problema di una sua partecipazione alla messa di mezzanotte o del giorno di Natale?
Non ci si prepara alla Natività di Gesù Cristo, perché a Natale - come recita la liturgia - si fa memoria (commemoratio, dice l’antico martirologio) di un evento del passato, già avvenuto «nella pienezza del tempo» (Gal 4,4). Cosa dunque si celebra a Natale da autentici cristiani? Si fa memoria della nascita di Gesù, della nascita da donna del Figlio di Dio, della «Parola fatta carne» (cf. Gv 1,14), umanizzata in Gesù di Nazaret.
Natale è quanto di più concreto e reale vi possa essere nella storia dell’umanità, a dispetto dei cavillatori di turno. Non sarà che dobbiamo difenderlo un poco di più?!
I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative. I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge” e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri, che è poi l’unico modo per morire ricchi.
Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza (Don Tonino Bello).