Dom, 17 Apr 22 Formazione liturgica
Nella liturgia della Chiesa cattolica il Cero che viene acceso all’inizio della solenne Veglia pasquale simboleggia la luce di Cristo risorto che vince le tenebre della morte e del male.
Il rito prevede che l’assemblea sia radunata fuori della chiesa, o in un luogo buio, attorno al fuoco che divampa.
La preghiera che accompagna la benedizione del fuoco è davvero espressiva:
"O Padre, che per mezzo del tuo Figlio ci hai comunicato la fiamma viva del tuo fulgore,
benedici questo fuoco nuovo e, mediante le feste pasquali accendi in noi il desiderio del cielo,
perché, rinnovati nello spirito, possiamo giungere alla festa dello splendore eterno".
Dopo aver benedetto il fuoco, il sacerdote celebrante incide sul cero pasquale una croce, quindi la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, l’Alfa e l’Omega, per indicare che Cristo è il principio e la fine di tutte le cose; infine incide le cifre dell’anno corrente, per significare che Gesù, Signore del tempo e della storia, continua ad essere il Vivente oggi, per noi e con noi.
Nel compiere tale rito il Sacerdote pronuncia le parole che esprimono solennemente queste verità:
Cristo ieri e oggi:
Principio e Fine,
Alfa e Omega.
A lui appartengono il tempo e i secoli.
A lui la gloria e il potere per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Può anche infiggere cinque grani d'incenso nel Cero, in forma di croce, mentre dice:
Per mezzo delle sue sante piaghe gloriose,
ci protegga e ci custodisca
Cristo Signore. Amen.
Quindi il Celebrante accende al fuoco nuovo il grande Cero pasquale, simbolo di Cristo, luce della Vita che illumina ogni uomo; è Lui che strappa i credenti dalle tenebre e li trasferisce nel regno della luce.
Il Cero acceso, portato dal Diacono e accompagnato dai sacerdoti e dai fedeli, entra processionalmente nell’aula della celebrazione ancora immersa nel buio; qui sosta per tre volte, mentre il diacono canta: Cristo, luce del mondo! (Lumen Christi) e tutta l’assemblea risponde: Rendiamo grazie a Dio! (Deo grátias); e prima i sacerdoti, poi i ministri e infine tutti i fedeli accendono le loro candele alla sua luce.
Giunti nel presbiterio, il Cero viene collocato al posto d’onore e il diacono proclama il solennissimo PRECONIO (ANNUNCIO) PASQUALE.
Si tratta di un antichissimo inno di lode di cui si hanno testimonianze sin dalla fine del IV secolo e che si è consolidato nell'attuale versione nella seconda metà del XII, con papa Innocenzo III.
Dal punto di vista stilistico il Preconio (dalla parola latina praeconium derivante da praeco-onis= banditore) è un testo poetico di annuncio e di lode solenne. Viene chiamato preconio pasquale (praeconium paschale) oppure lode del Cero (laus cerei).
Prima della riforma liturgica, normalmente veniva denominato Exultet, con riferimento alla parola iniziale, che invita all’esultanza per la risurrezione del Cristo non soltanto le schiere angeliche, ma anche la terra e la Chiesa intera.
Abbiamo un grande patrimonio di Exultet, preziosi lunghi rotoli di pergamena riccamente illustrati con miniature simboliche realizzate in senso contrario rispetto al testo scritto; in tal modo il diacono che cantava faceva scorrere giù dal pulpito il rotolo e i fedeli potevano contemplare anche visivamente ciò che veniva proclamato nel canto.
Nella liturgia attuale, mentre si proclama o si canta il Preconio Pasquale, tutti i presenti stanno in piedi e tengono in mano la candela accesa.
È il momento di gustare il testo, che per la sua bellezza e poesia, merita di essere conosciuto per intero, con lo stupore e la gioia di entrare nel mistero della salvezza compiuto con la risurrezione del Signore.
Dopo l’invito iniziale alla gioia, il dialogo consueto che introduce ogni Prefazio e lo sviluppo della grande lode al Padre per l’evento della risurrezione, accompagnato dal riferimento alla notte della liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù, si conclude con un vero e proprio elogio del Cero e con il significativo richiamo all’ape madre che operosamente ha prodotto la cera.
Esulti il coro egli angeli, esulti l'assemblea celeste:
un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto.
Gioisca la terra inondata da così grande splendore;
la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo.
Gioisca la madre Chiesa,
splendente della gloria del suo Signore,
e questo tempio tutto risuoni
per le acclamazioni del popolo in festa.
[E voi, fratelli carissimi,
qui radunati nella solare chiarezza di questa nuova luce,
invocate con me la misericordia di Dio onnipotente.
Egli che mi ha chiamato, senza alcun merito,
nel numero dei suoi ministri, irradi il suo mirabile fulgore,
perché sia piena e perfetta la lode di questo cero.]
Il Signore sia con voi.
E con il tuo spirito.]
In alto i nostri cuori.
Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio.
È cosa buona e giusta.
È veramente cosa buona e giusta
esprimere con il canto l'esultanza dello spirito,
e inneggiare al Dio invisibile, Padre onnipotente,
e al suo unico Figlio, Gesù Cristo nostro Signore.
Egli ha pagato per noi all'eterno Padre il debito di Adamo,
e con il sangue sparso per la nostra salvezza
ha cancellato la condanna della colpa antica.
Questa è la vera Pasqua, in cui è ucciso il vero Agnello,
che con il suo sangue consacra le case dei fedeli.
Questa è la notte in cui hai liberato i figli di Israele,
nostri padri, dalla schiavitù dell'Egitto,
e li hai fatti passare illesi attraverso il Mar Rosso.
Questa è la notte in cui hai vinto le tenebre del peccato
con lo splendore della colonna di fuoco.
Questa è la notte che salva su tutta la terra
i credenti nel Cristo
dall'oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo,
li consacra all'amore del Padre
e li unisce nella comunione dei santi.
Questa è la notte in cui Cristo,
spezzando i vincoli della morte,
risorge vincitore dal sepolcro.
Nessun vantaggio per noi essere nati,
se lui non ci avesse redenti.
O immensità del tuo amore per noi!
O inestimabile segno di bontà:
per riscattare lo schiavo, hai sacrificato il tuo Figlio!
Davvero era necessario il peccato di Adamo,
che è stato distrutto con la morte del Cristo.
Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!
O notte beata, tu sola hai meritato di conoscere
il tempo e l'ora in cui Cristo è risorto dagli inferi.
Di questa notte è stato scritto:
la notte splenderà come il giorno,
e sarà fonte di luce per la mia delizia.
Il santo mistero di questa notte sconfigge il male,
lava le colpe, restituisce l'innocenza ai peccatori,
la gioia agli afflitti.
Dissipa l'odio, piega la durezza dei potenti,
promuove la concordia e la pace.
O notte veramente gloriosa,
che ricongiunge la terra al cielo e l'uomo al suo creatore!
In questa notte di grazia accogli, Padre santo,
il sacrificio di lode,
che la Chiesa ti offre per mano dei suoi ministri,
nella solenne liturgia del cero,
frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce.
Riconosciamo nella colonna dell'Esodo
gli antichi presagi di questo lume pasquale
che un fuoco ardente ha acceso in onore di Dio.
Pur diviso in tante fiammelle
non estingue il suo vivo splendore,
ma si accresce nel consumarsi della cera
che l'ape madre ha prodotto
per alimentare questa preziosa lampada.
Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero,
offerto in onore del tuo nome
per illuminare l'oscurità di questa notte,
risplenda di luce che mai si spegne.
Salga a te come profumo soave,
si confonda con le stelle del cielo.
Lo trovi acceso la stella del mattino,
questa stella che non conosce tramonto:
Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena
e vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen
Un altro momento significativo durante la solenne celebrazione della Veglia pasquale è quello in cui il Cero viene immerso nel fonte battesimale per benedirne le acque; e quando ci sono battezzandi i padrini attingono ad esso la luce che consegnano ai neofiti.
Per tutto il tempo pasquale il Cero viene collocato accanto all’ambone, a ricordare la presenza viva del Risorto. Durante il resto dell’anno il suo posto è accanto al Battistero, perché in ogni celebrazione del Battesimo alla sua fiamma viene accesa la candela (o cero battesimale), come segno dell’illuminazione del neofita e della vita di grazia che nel sacramento gli viene data.
Il Cero pasquale risplende anche nell’ultimo saluto al cristiano defunto. Nella celebrazione delle esequie viene collocato a fianco della bara per esprimere la fede nella risurrezione dei morti, che si fonda appunto sulla potenza di Gesù Cristo risorto.