Ven, 01 Lug 22 Maestri di vita spirituale
Il beato Antonio Rosmini, profondo pensatore, “Una delle sei, sette grandi intelligenze dell’umanità”, come disse di lui A. Manzoni, nacque il 24 marzo 1797 a Rovereto, da una famiglia nobile. Il padre era patrizio tirolese, la madre proveniva dalla famiglia dei conti Formenti di Riva. Dal 1804 al 1814 compì i primi studi con ottimo profitto, dimostrando presto notevoli capacità intellettuali e introspettive, doti che lo accompagneranno per tutta la vita. Dopo due anni di studi privati di filosofia, matematica e fisica (1814-1816), Antonio sostenne gli esami finali nel liceo imperiale ottenendo in tutte le materie la qualifica di “eminenza” e un giudizio globale che lo riconosceva: “dotato di acutissimo ingegno”.
Il rigore e la sobrietà furono i percorsi che privilegiò nella sua vita, al punto da redigere per sé una “Regola di condotta” basata sul Vangelo, costituita di due principi:
1. Pensare seriamente ad emendare me stesso dai miei vizi e a purificare l’anima mia dall’iniquità di cui è gravata fin dal nascere, senza andare in cerca d’altre occupazioni od opere a favore del prossimo, trovandomi nell’assoluta impotenza di fare da me stesso cosa alcuna in suo vantaggio.
2. Non rifiutare i servizi di carità verso il prossimo quando la divina Provvidenza me li offrisse e presentasse, essendo Iddio potente di servirsi di chiunque, e anche di me, per le sue opere, e in tal caso conservare una perfetta indifferenza a tutte le opere di carità facendo quella che mi è proposta con egual fervore come qualunque altra in quanto alla mia libera volontà.
Quello che risalta di questa splendida figura non è solo l’elevatezza dell’ingegno, ma una predisposizione innata alla Carità, habitus di tutti gl’innamorati di Dio. E il nostro beato si prodigò instancabilmente in vari campi del sapere umano e teologico. Pubblicò a Roma, nel 1830, le Massime di perfezione cristiana, un libretto di 56 pp. a cui rimase affezionato fino alla morte: questo «manuale del cosa fare per vivere felici in un mondo felice» contiene sei proposizioni che costituiscono i principi a cui Antonio Rosmini ispirò tutto il suo operare...
Presto a suo riguardo ebbe inizio quella che presso gli storici va sotto il nome di “Questione Rosminiana”, tra un alternarsi di stima e contrarietà. Nell’autunno del 1848 cominciarono a scatenarsi contro di lui invidie personali, diffidenze sulle sue idee politiche, dubbi sull’ortodossia delle sue ultime pubblicazioni. Questa difficle situazione ebbe ripercussioni sulla sua salute...
L’illustre filoso, scrittore e fondatore, tuttavia, fortemente provato e gravemente ammalato dovette ritirarsi a Stresa, assistito amorevolmente da amici, benefattori, parenti e dallo stesso amico Manzoni, a cui prima di morire volle consegnare (e non solo allo scrittore) come testamento queste lapidarie parole: Adorare. Tacere. Godere.
Morì il 1° luglio 1855, dopo una dolorosa agonia.