Seg., 03 Jul. 23 Lectio Divina - Ano A
“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, io vi darò ristoro”. Con questa frase Gesù richiama la mia attenzione, parla diretto al mio cuore, alla mia vita. L’immagine che si disegna nella mia mente leggendo questa frase è quella di Gesù accucciato giù con le braccia spalancate che mi guarda negli occhi con viso rassicurante, io che mi vedo bambina e, chissà, dopo una caduta o dopo uno spavento Lo vedo e decido di corrergli incontro e non desidero altro che essere stretta fra le sue braccia. Proprio come quella sensazione che si vive con la propria mamma e il proprio papà quando si è bambini, o anche con quegli adulti significativi che, piccolo o grande tu sia, le loro braccia sono luogo di ristoro.
E mi chiedo: chi non vorrebbe trovare pace o serenità nei momenti difficili, piccoli o grandi che essi siano? Sembra una cosa semplice, “venite a me” ed è fatta, ho risolto il problema, ho superato il momento di difficoltà. Bello no?! La realtà è un’altra, Gesù mi chiede di fidarmi di Lui e di camminare verso di Lui, come fa un bambino con la sua mamma quando sta imparando a camminare. E per fare questo, prima di tutto, è necessario riconoscere in me un desiderio, facendomi “mite ed umile di cuore”, come Lui ci insegna, per poi poter scegliere di partire.
Quando si parte per un’escursione in montagna, si sa, anche se non ci si è mai stati prima, che richiederà un po’ di fatica. Infatti, il solito pensiero che mi attraversa la mente appena incontro la prima salita è: “Ma chi me l’ha fatto fare anche questa volta?” E allora che cosa mi spinge ad affrontare quella fatica? Cosa mi dà la forza per proseguire? Ci ho pensato e credo sia proprio l’essere a conoscenza che la destinazione che voglio raggiungere è un luogo di ristoro, un torrente, un rifugio, una malga o un panorama mozzafiato dove poter gustare il mio panino. Un ristoro per i bisogni biologici, la fame e la sete, e un ristoro per la propria mente, il silenzio e la bellezza della natura che ti sorprende.
Ma ho la certezza di trovare e raggiungere questo luogo? No, non posso mai esserne certa, mi baso semplicemente sulle esperienze passate, nelle quali ho fatto conoscenza di questi posti. Tutto è cominciato perché un giorno ho deciso di fidarmi di qualcuno, probabilmente dei miei genitori che da piccola mi hanno detto “Vedrai quando arriveremo su in cima quanto sarai felice!”. E lo stesso vale per l’incontro con Dio. Perché continuo a sentire il desiderio di camminare verso di Lui? Probabilmente perché ho incontrato alcune persone nella mia vita che sono state testimoni di Lui e delle quali mi sono fidata. Così, a mia volta, ho avuto la possibilità di fare esperienze del Signore.
Se, quando inizio a camminare, la frase di partenza è sempre la stessa, stessa cosa è per la frase di arrivo: “Ne valeva davvero la pena fare tutta questa fatica!”
Quando sono nel bel mezzo della salita, però, difficilmente sorrido pensando alla destinazione, magari mi lamento e rimango bloccata a pensare in continuazione allo sforzo che sto facendo. In quei momenti avere qualcuno che mi ricorda dove sono diretta, qualcuno che comprende la mia fatica e che mi indica la strada, mi aiuta a non fermarmi e tornare indietro. Così, nella nostra vita, Gesù riconosce quando siamo “stanchi ed oppressi” e ci esorta: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me”. Gesù si offre per indicarci la strada, per guidare questo giogo che io accolgo di portare sulle mie spalle, magari insieme a qualche altro compagno di strada, perché mi fido, perché confido che mi possa portare al ristoro, al ristoro per la mia vita.