Seg., 10 Jul. 23 Lectio Divina - Ano A
La liturgia della XV domenica del tempo ordinario ci offre la parabola del seminatore. Nel Vangelo secondo Matteo, Gesù presenta 7 parabole, ciascuna portatrice di un messaggio, e la prima è proprio quella del seminatore, che apre la via di interpretazione delle altre. Perché? Perché richiede "ascolto", come il comando principale del libro del Deuteronomio (Dt 6, 4-9). Ascolta, o Israele! Il contesto della parabola sembra incongruente con il luogo descritto dall’evangelista: ci troviamo vicino al mare, tra barche e pesca, eppure Gesù parla di semi, terra e raccolto … dal mare contempliamo la bellezza di un campo.
Gesù esce di casa e a causa della folla sale su una barca e insegna da essa. La barca è un segno della comunità che accoglie la Parola, che aderisce alla proposta del Signore. Gesù parla del Regno dei cieli.
“Ecco, il seminatore uscì a seminare.” Facciamoci aiutare dal quadro di V. Van Gogh “Il seminatore al tramonto”. Al centro della scena, c’è un grande sole che con i suoi raggi sembra quasi voler imitare il seminatore, abbracciando tutto il mondo, come se si trattasse di Dio. Nelle sue lettere, Vincent faceva spesso riferimento al sole ed al suo irresistibile fascino, chiamandolo “Il buon Dio del sole”. Nella parte bassa c’è il terreno arato. Alle spalle del seminatore c’è un campo di grano già pronto e rigoglioso: questo bel campo di grano è in netto contrasto, sia per forma che per colori, con quello in cui si trova il seminatore e che sta crescendo. C’è uno scambio di colore tra cielo e terra. Il seminatore con la mano sinistra tiene sul cuore il sacco del seme. Il seme ha lo stesso colore oro del cielo, del sole: è Dio stesso, la Sua Parola. Lo sguardo è fiducioso, deciso, proteso in avanti. Il Seminatore procede a testa alta, incrollabile, solo.
Torniamo alla parabola e ai “difetti del seminatore”. Viene descritto come uno sprovveduto, maldestro e distratto, incapace di gettare il prezioso seme solo sul buon terreno. La competenza del seminatore descritto da Gesù verrebbe giudicata non troppo benevolmente dai contadini di tutti i tempi. Leggendo la parabola, è giusto osservare non solo la sterilità di alcuni terreni, ma anche l’inesperienza e il dilettantismo del seminatore che butta seme ovunque. Il seminare è già di per sé atto rischioso, senza garanzia di raccolto, ma diventa certamente inutile spreco qualora si sperperi il seme, scagliandolo per strada o su terreni improduttivi. A questo si aggiunge la “pigrizia” nel non preparare il terreno, ararlo, dissodarlo, eliminare pietre e erbacce, azioni necessarie per una migliore “performance” produttiva. Oltre al seminatore e al seme gettato, c’è il campo, senza il quale il seme non può far nulla.
Sant’Agostino direbbe: “Dio, che ha creato te, senza di te, non può salvarti senza di te”. Ma il terreno presenta delle difficoltà. Tutti noi siamo i quattro tipi di terreno. Dentro di noi c'è ognuno di essi.
Il primo terreno è una strada, calpestata da tutti, indurita. È calpestato da tutti e da ogni tipo di "umanità". La Parola è ascoltata, ma non compresa. Molte volte non comprendiamo ciò che il Signore ci annuncia, e forse dobbiamo, come Maria, "prenderci cura" di ciò che ci viene presentato, anche se non lo comprendiamo, per non perdere la possibilità che questo seme porti frutto nella nostra vita. Il terreno sassoso, come spiega il Signore stesso, è quello che inizialmente entusiasma e meraviglia, ma non basta. Senza la fedeltà e la costanza non riusciremo a rispondere quando il Signore chiederà qualcosa che non piace o una conversione più profonda (Mt 19,16-30). Il terreno spinoso è quello che, per le preoccupazioni e gli interessi, soffoca Dio in noi e la sua Parola. La ricchezza è una spina nella carne del mondo, una spina perenne nella storia dell'uomo, ed è anche una spina nella nostra vita.
"Ascolta o Israele, amerai il Signore tuo Dio", il Signore non ammette ambiguità, accogliere la Parola richiede una scelta. La Parola del Signore sarà sempre nella nostra vita, sarà sempre abbondante e buona. La disponibilità del cuore ad accoglierla sarà importante per portare frutto, proprio come quando il seme cade sul terreno. Il seminatore è generoso, è l’immagine di un uomo saggio, lungimirante, misericordioso, aperto al futuro e carico di speranza. È un seminatore al cui giudizio nessun terreno è escluso dalla possibilità di dare frutti. Il seminatore è generoso e sa che il seme è di qualità, il seme è la Parola di Dio (Lc 8,11). La speranza è un seme forte, se anche tu non dovessi curartene, essa troverà la strada.
A conclusione, questo piccolo racconto:
“Era il tempo della semina e i monaci più giovani, dopo aver dissodato il terreno, cominciarono a gettare la semente. Il vecchio Padre Anatolij li seguiva con passo incerto sul bordo del campo e si abbassava a raccogliere i semi caduti tra le erbacce e le rocce, gettandoli nei solchi e agitando le braccia per allontanare gli uccelli. Egli prese ad urlare: "Figli miei, altro non ero che un seme caduto in terra cattiva, eppure il Signore volle scovarmi tra la moltitudine dei miei peccati. O Signore, se cado tra le rocce del peccato, vienimi a cercare. Se le spine delle passioni mi soffocano, non permettere che esse mi sopraffacciano. Se gli uccelli rapaci dei miei vizi vogliono portarmi lontano da Te, basti la tua croce a fugarli. O Seminatore perfetto, concedimi di abbassarmi sulla sofferenza di quanti cadono fuori dal tuo campo, perché possa ricondurli sulla terra buona della tua misericordia. Figli miei, non siate solo coltivatori del seme caduto in terra buona, ma, come fece il nostro Signore disceso agli inferi, andate a cercare il seme caduto in terra ostile e abbiatene cura".
Per la riflessione